Da apprendista falegname a imprenditore settore sanità

 Perse la mano in un incidente e subì   il

 primo trapianto. L'ex falegname apre

 una clinica e assume il medico che lo

 operò

 La storia di Emanuele Balbo, da falegname a imprenditore. A guidare la sua  

 clinica il professor Cugola

 

 02/03/2018

Un incidente che gli segnò la vita, nel 1978. Emanuele Balbo stava lavorando nella sua falegnameria quando la sega circolare gli tagliò la mano sinistra di netto. "Dopo quattordici ore di sala operatoria, il trentasettenne professor Landino Cugola, pioniere della chirurgia della mano in Italia, riattaccò la mano al giovane apprendista falegname", racconta Andrea Pasqualetto sulle pagine del Corriere della Sera. Ora quel professore è il direttore sanitario della clinica che Balbo ha aperto: un poliambulatorio medico e di fisioterapia dove lavorano 13 medici, 4 fisioterapisti e 3 amministrativi.

Era il 2 marzo 1978. Dopo quattordici ore di sala operatoria, il trentasettenne professor Landino Cugola, pioniere della chirurgia della mano in Italia, riattaccò la mano al giovane apprendista falegname. «È stato il primo reimpianto di questo arto in Italia che abbia avuto successo, una grande emozione», precisa oggi Cugola, 77 anni, una vita da primario con circa 500 interventi del genere alle spalle.

 Da: Corriere della Sera

Quarant’anni fa, il dramma. Emanuele Balbo stava lavorando in una falegnameria, la sega circolare agganciò la manica del suo maglione, la risucchiò e gli tranciò di netto la mano sinistra. Urla, smarrimento, paura. «Ma non mi faceva male — ricorda oggi Balbo con molta serenità —. Cercai subito qualcosa per coprire il moncherino, anche perché i miei colleghi non potevano aiutarmi. Erano svenuti». Poi la corsa disperata in ospedale, il dottore che chiese di recuperare l’arto rimasto sotto le sega, il trasferimento al Borgo Roma di Verona e l’intervento di reimpianto. Era il 2 marzo 1978. Dopo quattordici ore di sala operatoria, il trentasettenne professor Landino Cugola, pioniere della chirurgia della mano in Italia, riattaccò la mano al giovane apprendista falegname. «È stato il primo reimpianto di questo arto in Italia che abbia avuto successo, una grande emozione», precisa oggi Cugola, 77 anni, una vita da primario con circa 500 interventi del genere alle spalle.
 
La sinistra di Balbo

E la mano sinistra di Balbo è qui a dimostrare quel successo, mentre alza un bicchiere per brindare ai quarant’anni dall’operazione, quasi miracolosa per l’epoca. «I primi venti giorni furono durissimi, anche perché non riuscivo a dormire all’idea di una nuova amputazione. Fino ad allora questo era stato infatti il destino di tutti. Sapevo del rischio infezione e sapevo dell’ultimo paziente, un ragazzo che come me aveva perso la mano e l’operazione non era riuscita. Pensi che per tranquillizzarmi il professore dormiva accanto a me». Superate le tre settimane, la paura passò. «Il pericolo era scampato e iniziarono i tre anni più belli della mia vita, nonostante altre tredici operazioni subite per sistemare i tendini e pulire tutto. Ho conosciuto molta gente nei vari ospedali, ho parlato con pazienti, dottori e mi è venuta una gran voglia di fare, di reagire. Sempre mantenendo un rapporto stretto con il dottor Cugola».

 
Le didascalie scritte per il museo
Con quella mano Balbo ha lavorato per 40 anni. Ha scritto migliaia di didascalie per il Museo Nazionale Atestino, dove è stato a lungo dipendente. «In falegnameria non sono più tornato». Con quella mano ha sfogliato decine di libri per diplomarsi in ragioneria nella stessa scuola di suo figlio. E ha battuto a macchina la lettera di licenziamento dal Museo reinventandosi imprenditore dell’infortunistica stradale e del lavoro e investigatore dei casi di malasanità. E sempre con quella mano, un giorno del 2010, ha alzato la cornetta per chiamare il professor Cugola, ormai in pensione ma sempre attivo in varie case di cura, per proporgli la cosa che sognava da una vita. «Gli ho detto, caro professore, è giunto il momento: la vorrei come direttore sanitario della mia clinica, un poliambulatorio medico e di fisioterapia».
 

Un caro amicoUn centro dove oggi lavorano 13 medici, 4 fisioterapisti e 3 amministrativi. Il professore ha detto sì. «Ho accettato perchè è un caro amico - sorride Gugola -. Rimane comunque una delle mie attività. (Esercita a verona alla casa di Cura San Francesco e, a Peschiera del Garda, alla Clinica PederzoliI, ndr). Con Emanuele si sta bene: è esoansivo, generoso, sempre molto ottimista. Anche su quel letto d’ospedale era più fiducioso di me. Mentre io temevo sempre complicanze, visti i precedenti, guardava avanti. Quando i ricoveri sono finiti non ci siamo più persi di vista. Veniva a trovarmi anche a Salò, dove mi ero trasferito per fare il primario. Poi si andava a giocare a tennis, si usciva con le famiglie…». E così, l’apprendista falegname che aveva perso la mano alla fine è diventato un imprenditore della sanità capace di «assumere» l’illustre professore che riattaccò vene, arterie e tendini del suo arto, salvandolo. «Lui è il faro del Centro medico, dove tutti i marinai devono guardare — aggiunge Balbo, in giacca e cravatta —. In quei tre anni Cugola mi ha insegnato l’amore per la medicina, l’umiltà e l’attenzione a ogni paziente. E così, non appena ho potuto investire nella sanità l’ho fatto, chiamando lui alla guida. Io gli faccio da filtro con chi bussa alla nostra porta. Cercando sempre di dare fiducia a tutti, ascoltando le loro parole fino in fondo». Balbo ha moglie, due figli e quattro aziende. E, nei ritagli di tempo, fa il consigliere comunale a Este. È il suo piccolo impero. «Nato da un grave infortunio».

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