"La mia storia tra talassemia,
trapianto di fegato e tanto
altro; bisogna solo avere
coraggio"
La storia di una giovane ragazza davvero speciale, il suo nome è Jessica Impera, ha 31 anni e vive a Dolianova in Sardegna.
Jessica è nata con l’anemia mediterranea, ma non è di questo problema che ci parlerà, questo perché nel corso della sua vita si è trovata a dover affrontare cose enormemente più grandi di lei.
Con un sorriso quasi abbagliante, affiancata dal suo fidanzato, inizia a raccontarci la sua storia.
“Sono nata con l’anemia mediterranea,” inizia Jessica, ”a due mesi di vita ho fatto la prima trasfusione di sangue e da quel giorno ogni mese è un ho appuntamento fisso con la trasfusione all’ospedale Brotzu. Fino a 10 anni fa, facevo un infusione di notte per abbassare il ferro causato dalle trasfusioni, fortunatamente poi hanno rimpiazzato l’ago con una bella pastiglia che prendo tuttora.
Nel 2012, quando avevo 25 anni, ho avuto problemi con i calcoli renali e così sono andata a fare un ecografia. Hanno poi deciso di farmi un eco-addome completo, dove hanno visto che c’era qualcosa che non andava nel fegato. Non capivano bene cosa fosse, loro le chiamavano zone di risparmi, ossia delle aree dove il fegato si distruggeva e si rigenerava. Da li è partito tutto un iter di esami. Fortunatamente il medico che mi aveva fatto l’ecografia era molto bravo, io ancora non presentavo alcun sintomo ma lui riuscì a capire quel che c’era da capire”.
Jessica continua il suo racconto guardando il Brotzu, che era poco distante dalle zona dell’intervista, con particolare affetto. “Ho fatto tutti gli esami di accertamento tra due biopsie. La prima la feci all’oncologico che però non diede molti risultati; la seconda invece fatta al Brotzu, evidenziava un tumore raro e maligno al fegato, pensate che in Italia avevano lo stesso mio tumore solo altre 3 persone, non più di cento casi in tutto il mondo. Non sapevano bene come agire, avendo anche un’altra patologia le cose si complicavano. L’unica soluzione era il trapianto, dato che si stava già espandendo nel fegato. Nel mentre che svolgevo gli accertamenti, si sono però resi conto che anche nei polmoni c’era qualcosa che non andava, perciò hanno deciso di operarmi per togliermi un lobo del polmone”.
La tranquillità e la spensieratezza con cui Jessica racconta la sua storia è veramente disarmante. Durante l’intervista, mi è capitato di domandarmi se si rendesse veramente conto di quanto fossero gravi tutte le cose che le sono capitate. Davanti al suo caffè ormai freddo parlava di operazioni, biopsie e trasfusioni, come se stesse parlando di un influenza. Noi non potevamo far altro che ascoltare la sua storia sbalorditi, quasi ammaliati da tanta serenità.
“Nel polmone avevo delle cicatrizzazioni che però dagli esami non si vedevano benissimo, “riprende Jessica,“ che sembravano delle specie di zone scure. In Sardegna non facevano questo tipo di biopsia, quindi mi hanno mandato a Roma. Sono partita per fare una semplice biopsia e sono tornata senza un lobo di polmone, perché hanno deciso che fosse più sicuro toglierlo. Quando devi essere messa in lista per un trapianto il tuo corpo deve essere una macchina perfetta, in tutte le altre parti. Mi chiamarono dopo solo 5 mesi di lista d’attesa per il trapianto, il donatore era compatibile, quindi feci subito il trapianto”.
Jessica continua la storia con tranquillità e noi restiamo sempre più sbalorditi. Così mi viene da domandarle, a come reagì alla notizia del tumore e del trapianto.
“Quando mi dissero che era un tumore, “risponde Jessica ancora sorridente,” ero sola. Ci misi un po’ a dirlo alla mia famiglia, perché da poco avevo perso uno zio e non volevo dare loro un ulteriore dispiacere. Quando decisi di dirlo avevo paura di come la potessero prendere. All’inizio anche io ho sottovalutato un po’ la cosa. Quando mi chiamarono per parlare con il primario, mi presentai con mia mamma e il mio fidanzato. Alle parole ‘L’unica possibilità è il trapianto‘, guardai loro sbigottita, io sinceramente non me lo aspettavo. Comunque riuscii a prenderla lo stesso bene, anche perché altro non potevo fare. L’unica volta che piansi disperatamente, è stata quando mi dissero che non potevo più tenere i cani a causa del mio sistema immunitario quasi inesistente”.
Jessica sorride, ma questa volta il sorriso è più amaro. Il distacco dai suoi cani è stato per lei il segnale del passaggio da uno stato di “salute”, se così possiamo dire, ad uno stato di “malattia”. Ma non si è comunque buttata giù d’animo e ha continuato la sua battaglia contro questo raro tumore al fegato.
“Ora vivo con il fegato di un’altra persona, di una persona che non c’è più, ”ci spiega Jessica,“ e questa è una cosa che mi ha toccato molto. Anche perché poi sono venuta a sapere, che l’organo che mi ha permesso di guarire era di una ragazzina di 16 anni che si era suicidata. I medici consigliano sempre di non saperlo, ma poi tu fai due conti, siamo in Sardegna e capisci subito chi è. Quando sono arrivata, dopo la chiamata da parte dell’ospedale, c’erano tutti gli amici di questa ragazzina, all’inizio non ho dato peso ma dopo ripensandoci ho unito i tasselli del puzzle”.
Dopo questa breve parentesi triste, Jessica riporta l’attenzione su qualcosa che riesce a dominare meglio, la sua malattia.
“Adesso mi trovo a prendere due farmaci antirigetto,che dovrò prendere per tutta la vita,” sorride Jessica, “poi anticoagulanti e… insomma un po’ di farmaci. Dopo cinque mesi dal trapianto ho dovuto fare un altro intervento perché mi si era incastrato il drenaggio nelle vie biliari. Ma in fin dei conti io non sono mai stata bene, anzi ora, per quanto il mio sistema immunitario naturalmente non sia al massimo del suo splendore, posso dire di stare comunque veramente bene”.
Davanti a queste parole mi scappa una forte risata, questa ragazza, cosi minuta e fragile all’apparenza, mi dice che sta veramente bene. Non posso fare a meno di pensare a tutto quello che ha dovuto sopportare e, sorridendo, mi vengono in mente le milioni di persone che si lamentano per cose veramente di poco conto.
“Ho una bella cicatrice a croce in pancia,” continua Jessica, “ma in fin dei conti sono stata veramente fortunata. La notte del trapianto mi hanno dovuto togliere la morfina perché mi stava facendo allergia, quindi ho dovuto subire tutti i dolori dell’intervento, dopodiché ho fatto 3 mesi in camera sterile, dove ogni tanto poteva entrare mia mamma tutta incamiciata o il mio fidanzato. Mi hanno poi fatto la stanza sterile in casa e li è stato difficile. Mi sono dovuta buttare sui libri e sulla musica, mi hanno fatto compagnia praticamente solo loro. Poi non poter più avere i miei cani, mi faceva stare molto male”.
Jessica ha affrontato tutte queste cose in giovane età, ma è riuscita ad avere la forza e la determinazione per andare avanti sempre con un bel sorriso.
Dopo il trapianto si è dovuta reinventare la vita, visto che alla diagnosi stava facendo un corso per diventare addestratrice cinofila ed ora non può stare cosi a stretto contatto con gli animali. Anche se un piccolo sgarro lo ha comunque fatto, riprendendosi i suoi cani che tanto gli mancavano. Logicamente non li può tenere dentro casa, ma non riusciva a vivere senza.
“Quello che cerco di dare raccontando la mia storia,” conclude Jessica, “è la positività, far capire agli altri che c’è una soluzione per tutto e bisogna solo avere coraggio”.
Quest’ultima frase racchiude proprio quello che cerchiamo di fare ogni giorno con il progetto Vitae, perciò ti ringraziamo dicendoti che siamo fieri di aver avuto la possibilità di conoscere una persona tanto forte e solare.