Un bambino di sette anni malato di leucemia e in attesa di un trapianto di midollo è morto oggi in un ospedale di Caracas. Il bimbo, hanno reso noto i media nella capitale, era ricoverato nell’ospedale J. M. de Los Ríos, principale centro pediatrico venezuelano. Ma ci sono altri 25 bambini ricoverati a Caracas che non potranno venire in Italia per il trapianto di cellule staminali che potrebbe salvare loro la vita. Il motivo è il debito da 8,5 milioni di euro contratto dal Venezuela con le 12 strutture italiane convenzionate. Il progetto di cooperazione sanitaria messo in piedi da Caracas e dalle cliniche italiane ha salvato la vita a 500 venezuelani malati di leucemia e altre malattie del sangue, la maggior parte bambini, nei dieci anni durante i quali ha funzionato. Un accordo interamente finanziato dalla Pdvsa, la compagnia petrolifera di Stato venezuelana, che però oggi non può più inviare ad Atmo (Associazione per il trapianto di midollo osseo) i 12 milioni all’anno che fino a oggi hanno permesso ai medici italiani di curare i bambini provenienti dal Paese sudamericano a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti.
Il bimbo, il secondo morto dall’inizio di maggio, avrebbe potuto essere curato in Italia, ma dalla fine dello scorso anno non parte più nessuno per mancanza di fondi. “Non possiamo effettuare pagamenti né importare medicinali, vaccini, macchinari, cibo. Da ormai due anni è impossibile accedere a qualsiasi tipo di mercato internazionale a causa delle sanzioni degli Stati Uniti“, fanno sapere dall’ambasciata venezuelana a Roma.
Il futuro dei bimbi malati
Grazie alla mediazione della Croce Rossa, la situazione si è sbloccata per dieci bimbi che saranno accolti dall’ospedale Bambin Gesù di Roma, quattro di loro – già arrivati – sono pazienti ematologici e facevano parte del gruppo in attesa per il trapianto di midollo in Italia. Ne rimangono però venticinque solo a Caracas e altrettanti a Maracaibo, dove le condizioni sono ancora peggiori e non è possibile effettuare i trapianti. Il problema riguarda anche i 20 bambini già operati e in cura in Italia e i loro accompagnatori: “Il ministero della Salute è a conoscenza della sospensione del programma e ci ha contattati tramite il Centro nazionale trapianti per avere informazioni, ma poi non c’è stato nessun passo avanti”, spiega la direttrice di Atmo, Enrica Giavatto.
Per chi è rimasto in Italia finora le cure non sono mancate, ma per i bambini in Venezuela è difficile trovare soluzioni rapide: il Bambin Gesù, finanziato e gestito dalla Santa Sede, sarebbe quindi un’eccezione. “Praticamente Pdvsa non sa come farci arrivare i soldi. Gli Stati Uniti dovrebbero fare una deroga per il nostro caso”, continua Giavatto. “Novo Banco, l’istituto che ha sequestrato i conti correnti, ci conosce benissimo: la nostra attività è sempre la stessa da oltre dieci anni”, chiosa la direttrice di Atmo.
Soltanto a Bologna, “a ottobre 2018 avevamo pratiche avviate con Atmo per cinque pazienti. Avevamo già trovato il donatore per due di loro, ma sono dovuti rimanere a Caracas”, racconta il dottor Arcangelo Prete, responsabile del programma di trapianti di Ematologia e Oncologia del Sant’Orsola. Un’altra bambina venezuelana, ora maggiorenne, era già in Italia e per questo ha ricevuto il trapianto: le spese per le terapie sono ora a carico del fondo per gli extracomunitari di cui dispone il Servizio sanitario regionale. Lo stesso vale per i 20 pazienti, quasi tutti minori, che sono ancora in Italia con le loro famiglie per completare le cure: quaranta persone alle quali adesso provvedono, anche finanziariamente, le dodici strutture ospedaliere della convenzione e le varie associazioni di volontariato venute in aiuto di Atmo.
I conti bloccati
I bonifici da Caracas sono bloccati dalla seconda metà del 2018. La banca portoghese Novo Banco si è adeguata alle sanzioni americane e ha sequestrato al Venezuela conti correnti per circa 1,5 miliardi di dollari. Novo Banco è di proprietà americana, nata dal fallimento di Banco Espiritu Santu, poi ricapitalizzata da Lone Star, il fondo americano che da ottobre 2017 detiene due terzi delle azioni. Pochi mesi dopo essere stato acquistato dal fondo, Novo Banco ha venduto tutto e chiuso i battenti in Venezuela.
Dalla fine del 2017 l’amministrazione Trump ha colpito duramente l’economia del Paese sudamericano con diversi ordini esecutivi. In particolare, dalla primavera del 2018 ha proibito la maggior parte delle transazioni finanziarie e causato il sequestro di conti correnti per almeno 5 miliardi. Il governo di Caracas ha già denunciato i danni delle sanzioni americane alla salute di migliaia di pazienti in cura in Venezuela e all’estero, in un quadro che numerosi esperti hanno definito una “guerra non convenzionale”.
Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), i provvedimenti di Trump violano i diritti umani e il diritto internazionale, mentre uno studio del Center for Economic and Policy Research (Cepr) di Washington, considerato vicino alle posizioni della sinistra americana, ha stimato più di 40mila morti causate dalle sanzioni tra il 2017 e il 2018. Il ministro degli esteri portoghese, Augusto Santos Silva, si è detto preoccupato per le accuse ricevute dal suo omologo venezuelano: “Le banche non obbediscono al governo, la questione sarà risolta in tribunale”, ha aggiunto riferendosi ai conti sequestrati da Novo Banco.
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