Nonostante l'emergenza per il coronavirus al Mater salutis lo staff che esegue questo genere di operazioni non si ferma. Molto lunga la sessione di lavoro
Una sala operatoria dell'ospedale Mater salutis di Legnago
Notte in sala operatoria per donare un fegato
L'equipe guidata dalla specialista Pavan ha lavorato per sette ore fino alle 8 del mattino Bisognava affidare l'organo a un'ambulanza che lo ha portato a un paziente in attesa L'intervento reso possibile dalla scelta del deceduto prima di morire: «Si salvino altre vite»
Il Coronavirus non ferma i trapianti di organi all'ospedale di Legnago.
Pur essendo impegnato in prima linea con il proprio personale nella cura dei pazienti colpiti da Covid 19, il Mater Salutis continua a garantire quelle operazioni essenziali per salvare le vite umane. Ieri alle otto, dopo sette ore di intervento, nella sala chirurgica al quinto piano del blocco nord del polo sanitario di via Gianella, è infatti andato a buon fine l'espianto del fegato da un paziente di mezza età, deceduto il giorno prima per una patologia acuta.
Il donatore, in vita, aveva espresso la volontà che i suoi organi, una volta trapassato, fossero utilizzati per salvare altre persone. Subito dopo l'operazione, effettuata da un'equipe di sei medici e sei infermieri guidati dalla dottoressa Raffaella Pavan, coordinatrice ospedaliera dei trapianti, un'ambulanza con a bordo l'organo è partita a sirene spiegate verso l'ospedale di destinazione. Qui, sempre nella mattinata di ieri, il fegato è stato trapiantato nel suo nuovo destinatario.
Per il polo sanitario della Bassa si tratta del primo intervento del genere da quando, all'inizio di marzo, è scoppiata l'emergenza Coronavirus. La pandemia, difatti, nelle ultime settimane ha rivoluzionato la vita della struttura sanitaria, pur non facendo mai mancare i servizi essenziali ai 155mila residenti dei 25 Comuni dell'ex Ulss 21 di Legnago.
Per l'espianto del fegato si è rivelata utile la tempestività con cui si è attivata l'unità che si occupa di trapianti di organi, dipendente dal reparto di Anestesia e rianimazione diretto dal dottor Ezio Sinigaglia. «Basti pensare», evidenzia la dottoressa Pavan, «che il prelievo deve essere preceduto da una fase preparatoria di sei ore, durante la quale un'apposita commissione, formata da un anestesista, un neurologo e da un medico della direzione sanitaria, svolge tutti gli accertamenti necessari secondo criteri neurologici». La fase preliminare, oltre a stabilire l'idoneità del soggetto deceduto al prelievo degli organi, include anche un altro aspetto importante, ovvero quello della comunicazione con i familiari del potenziale donatore.
Durante l'espianto, iniziato all'una, sono entrati in azione, oltre alla stessa coordinatrice, anche due anestesisti interni e tre chirurghi «prelevatori» dell'ospedale di destinazione dell'organo. A supporto dei medici c'erano sei infermieri, di cui una coordinatrice ed un anestesista.
Nel polo sanitario legnaghese, annualmente, si registrano sei-sette interventi di questo tipo. Ad aumentare la complessità dell'operazione appena conclusa è stata proprio la contemporaneità con l'emergenza Covid 19. «In questo periodo», confessa Pavan, «siamo particolarmente pressati per il Coronavirus, visto l'impiego della terapia intensiva per diversi degenti, a cui si aggiunge l'ordinaria attività di cura, tanto che la mole di lavoro, per medici e infermieri, è aumentata in maniera esponenziale».
Al di là dell'impegno straordinario che spinge il personale a lavorare ben oltre l'orario consueto, alla coordinatrice dei trapianti e al suo staff resta la soddisfazione di aver garantito l'operazione, a beneficio di una persona in lista d'attesa per il trapianto. «L'assenso alla donazione degli organi», conclude Pavan, «resta un atto di generosità molto importante che le persone possono effettuare con il rilascio della carta d'identità o contattando le associazioni dedicate. Il trapianto, per diversi pazienti, si rivela l'unica terapia contro la malattia che li affligge».
Fabio Tomelleri in
Mercoledì 22 Aprile 2020