La sua morte, lo scorso 23 luglio, ha scosso l’opinione pubblica. Rachel, 9 anni appena compiuti, ha perso la vita in un incidente stradale e i suoi genitori non ci hanno pensato due volte a donare i suoi organi.
D’altronde – avranno pensato – era questo che Rachel voleva, donare parte di sé agli altri. Era quello che aveva scelto di fare della sua vita, tanto breve quanto intensa. Già, perché era una bambina che aveva imparato fin dalla più tenera età ad essere generosa verso gli altri: la prima volta lo aveva fatto a 5 anni quando a scuola, dopo aver saputo di un’organizzazione che raccoglieva capelli per farne parrucche da dare ai bambini malati di cancro, aveva deciso di farsi tagliare i capelli dalla mamma. La terza volta che aveva donato i suoi capelli era stata, fatalmente, proprio il 23 luglio.
Così scriveva Michele Farina, giornalista del Corriere della Sera, il 13 agosto 2011: «Era stato un compleanno speciale, anzi molto normale per una bambina come Rachel Beckwith da Seattle, Stati Uniti. A familiari e amici aveva detto: “Anziché farmi un regalo, donate 9 dollari alle persone che costruiscono pozzi per chi non ha l’acqua potabile”. In chiesa un giorno Rachel aveva sentito parlare dell’emergenza idrica nel mondo e di un gruppo che si chiama Charity water, una delle tante organizzazioni non governative che raccolgono fondi per progetti umanitari legati all’acqua. E senza pensarci troppo aveva deciso di fare qualcosa».